Prima di tutto bisogna decidere chi fa l'uomo e chi la donna. Ma questo, ogni volta che si forma una coppia, lo mettono in chiaro i due partner iniziando a ballare, precisa Augusto Balizano. Poi, via con le danze. E tutto scorre liscio con tanto di ganchos e sandwich e con tutte le figure più complesse del tango. Una precisazione, però, è d'obbligo: sulla pista della Marshall, nel quartiere di Almagro, a Buenos Aires, la maggior parte delle coppie sono composte da due uomini o, più di rado, da due donne. Ma è un problema davvero? Le coppie etero presenti non si scompongono più di tanto. E poi capita che un uomo passi da un partner dello stesso sesso a una donna o che sia lei a ballare con un uomo, talvolta invertendo i ruoli: segue i passi previsti per il maschio e viceversa. Il tutto si svolge con molta naturalezza, senza cuoio e tatuaggi, ma con molte camicie ben stirate e mocassini di qualità. L'atmosfera non è quella di un ghetto gay. Augusto è un ballerino professionista. Ed è omosessuale. Ha una partner fissa: con lei si esibisce nei locali più turistici. Ma cinque anni fa ebbe l'idea di aprirne uno come questo e di impartire lezioni di tango a coppie gay."In un certo senso è un ritorno alle origini", spiega. Alla fine dell'Ottocento, quando cominciò a svilupparsi questo ballo, si praticava tra uomini. La spiegazione ufficiale è che il tango era una danza indecente e le donne "oneste" non volevano ballarla. Quindi gli uomini, per esercitarsi, lo facevano tra di loro.
Ma esiste anche molto "non detto": il tango nacque tra gli strati sociali più bassi, dove erano numerose le prostitute e pure gli omosessuali. La Marshall è stata la prima milonga (come vengono chiamati i locali dove si balla il tango gay), ma ormai ne esistono molte in città. Ci vanno anche tanti etero, femmine soprattutto. "Si sentono a loro agio rispetto ai locali tradizionali: sono donne che vogliono davvero ballare più che conquistare un uomo", aggiunge Augusto. Che giura di non soffrire di discriminazione nel mondo del tango ufficiale, pur notoriamente maschilista. "In certi casi non specifico che sono gay, ma poi queste cose nell'ambiente si sanno", conclude, "in realtà Buenos Aires è una città molto tollerante". Pure Mariano Garces è un maestro di tango. Anche lui è omosessuale. Il suo Baires Folk è un altro dei locali cult del tango gay. Mariano è un vero specialista: si sta laureando in Folklore e tango (sì, in Argentina esiste pure la facoltà...). A lui non piace parlare di ruoli di donna o di uomo, ma di "conductor" e "conducido". In ogni caso, non ne fa un dramma. "Uno deve scegliere il ruolo dove si sente più a suo agio", sottolinea. "Certo, su un palcoscenico, quando si fa uno show, si devono eliminare gli atteggiamenti più femminili, perché a ballare sono due uomini e non un uomo e un altro uomo che imita una donna". Mariano si stropiccia gli occhi in un bar nel quartiere del Caballito, la mattina dopo una milonga. Accenna alla diffidenza di vari maestri di tango, ma si mostra comprensivo, "è una questione di generazione. Alcuni fra i più giovani, eterosessuali, vengono alle nostre milonghe e ballano con gli uomini". Perché sono luoghi altamente sperimentali. "Il tango deve rinnovarsi e quello gay lo aiuta a farlo", aggiunge Mariano. "Quando uno decide di andare a ballare in una milonga come la nostra, ha già accettato la sua diversità. Ed è più di-sposto al nuovo, ai cambiamenti. Questo si estende a tutto, alle coreografie e alla musica". È vero che il tango tecno e quello elettronico, dai Gotan Project all'uruguayano Luciano Supervieille, passano molto più facilmente in una milonga gay che in quelle tradizionali.
Questa nuova moda non è un fenomeno isolato. Ma si inserisce in un contesto ben preciso: negli ultimi anni Buenos Aires si è convertita nella mecca sudamericana degli omosessuali. Arrivano da tutto il mondo, sulla scia del boom turistico argentino. Al Lugar Gay, in pieno San Telmo, uno dei quartieri storici e belle époque, un gruppo di olandesi si sta preparando per la visita della città. Nestor Talento, psicologo, ha aperto sei anni fa questo primo bedandbreakfast per gay, esempio poi ampiamente imitato. "A parte il fatto che Buenos Aires è diventata molto conveniente per europei e statunitensi", osserva Nestor, "l'attrazione della città per gli omosessuali ha anche altre spiegazioni. Esiste un'offerta incredibile di locali e discoteche gay, nate dalla fine della dittatura, che fu oppressiva in questo senso. Secondo: il mito di Evita. Eva Peron è un'icona gay e da quando Madonna, altro referente della comunità, l'ha interpretata in un film, l'icona si è come raddoppiata. Infine anche il tango è entrato a far parte del nostro mondo. E poi qui (ed è forse l'elemento più importante) gli omosessuali non si sentono giudicati". Uno stenta a crederlo. Pensa al mito dell'argentino macho, al peso che la Chiesa ha avuto sempre in questo Paese. Ma in realtà molto è cambiato. La provincia di Buenos Aires ha introdotto le unioni civili tra persone dello stesso sesso già dal 2003, una première in America Latina. Un progetto di legge nazionale è in discussione al Congresso, mentre l'adozione da parte delle coppie gay è oggetto di un dibattito costante nei media. Osvaldo Bazon, giornalista, autore di Historia de la homosexualidad en la Argentina (ed. Marea), scrisse un lungo reportage su alcuni connazionali che fecero il proprio outing, compreso il ballerino Julio Bocca, pubblicato nel 2001 su Noticias, uno dei principali settimanali del Paese. Osvaldo riconobbe la propria omosessualità alla fine dell'articolo. Fece scalpore, aprendo una nuova fase nello "sdoganamento". "Dopo venne la crisi economica, che pure ha rappresentato un fattore positivo per la causa", aggiunge, "gli argentini si ritrovarono come nudi: dovevamo tutti ricominciare, sopravvivere. La nostra società è diventata così più tollerante". "Qualche anno fa decisi di andare in Corrientes, una delle arterie più frequentate del centro, mano nella mano con il mio fidanzato", ricorda Mariano, il maestro di tango, "ci siamo baciati a più riprese, anche in autobus. Erano le dieci di mattina. Nessuno disse niente. Fui io il più sorpreso di tutti". Mariano ammette che pure in questo contesto di movida gay un tabù resta ancora da abbattere: l'omosessualità di Carlos Gardel, uno dei miti del tango oltre che prototipo del latin lover. È un "bisbiglio" metropolitano, ma l'argomento, almeno ufficialmente, mai viene affrontato. "È stato un personaggio misterioso. Lui non vi accennò mai, erano altri tempi. Una cosa è certa: con la sua fama, avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva. E invece ne aveva sempre poche intorno, nessuna storia ufficiale. Aveva un'attenzione maniacale alla sua estetica. Io sono convinto che fosse gay. Ma vallo a dire ai suoi ammiratori". No, questo è davvero troppo.
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