venerdì, giugno 13, 2008

Il maestro di Tango. Appunti di un milonguero.



Dopo la prenotazione e una lunga attesa presso un’importante libreria di Catania sono riuscito ad acquistare il libro in questione. La foto di copertina, risalente al 1947, la dice lunga su quanto poi verrà esposto nelle pagine del libro. Il libro si legge tutto d’un fiato e tratta una testimonianza diretta di un milonguero che calcò le milonghe portene negli anni ’40. Mi sono divertito molto perché nonostante siano passati sessant’anni certi codici comportamentali, certi pensieri, alcune intuizioni rimangono intatte nell’essenza di ogni ballerino. Divertenti i racconti che riguardano le competizioni velate tra i milongueri dei diversi Barrios di Buenos Aires e la narrazione dei timori e delle inquietudini di quando ancora si è principianti… il libro precisa anche molti particolari circa i nomi dei ballerini più famosi dell’epoca e segna una precisa distinzione tra il gusto di “milonguear” e quello di insegnarlo o esibirlo. Il tutto senza snaturare il tango del suo palese esibizionismo e della sua marcata competizione ma mantenendo eletto lo spirito inscindibile del binomio tango-milonga (intesa come luogo dove ballare). “Tutto ciò che ho fatto è milonguear” dice l’autore, cioè vivere in profondità lo spirito della milonga, con le sue leggi, le sue invidie, le sue insofferenze, i suoi piaceri e le sue ansie. E’ un libro molto bello anche per alcune indicazioni circa il ballo; si tratta di spunti che seppur consigliando di vivere il tango nella sua interiorità invitano anche ad osare. Un modo completo di vivere il tango prettamente “porteno”, particolarmente indicato per noi d’oltre oceano che, ammettiamolo, utilizziamo sempre vedute molto parziali in materia di tango. Naturalmente è uno scritto che esalta la natura storica del tango stesso e precisa che, ineluttabilmente, il momento magico è stato e rimane la “decade de ‘or” (1943-1955) coincidendo questa con gli anni in cui l’Argentina, rimanendo fuori dal conflitto internazionale, rimaneva un luogo ideale in cui vivere e dove, complice l’intelligente e astuto governo Peronista (che pagherà il grave scotto più tardi) si dava ospitalità a chiunque e si tessevano solidi legami commerciali con entrambe le parti in conflitto. La media borghesia s’arricchiva, spendeva, ballava, e per loro le orchestre suonavano i tangos (alcuni restano indiscutibili capolavori) pervenuti e ballati nostalgicamente ai giorni nostri. Cessato quel momento, il tango apparentemente muore, o meglio, va in quiescenza per poi risorgere, modificato geneticamente, ai giorni nostri. E noi, che siamo i nipoti di quella generazione, se nutriamo veramente questa comune passione abbiamo il dovere, prima di imparare nuovi passi, figure, parlare di tango nuevo etc etc di approfondire quello spirito tanghero che è alla base del "macrocosmo tango" e che nasce e si sviluppa negli anni ’40. Vi lascio con una divertente ed eloquente frase (che è una presentazione per il lettore italiano) che sta al prologo del libro:

“Ogni ballerino di tango, per impulso innato, per propria disposizione e perché così gli impongono i codici tradizionali della milonga, intimamente deve credersi il migliore anche se poi, il migliore non è.”

Il maestro di tango. Appunti di un milonguero.- Julio D.Vallejos – Ed. Sigillo
Métempsycose Isabel Camps Laredo Montoneri Gianluca Leone MicMac Giannicola Manuela Anania Sergio La Pigna

Ultime inserzioni