domenica, aprile 01, 2007

Intervista a Pablo e Dana -il nuevo che avanza

Quando l’energia e l’entusiasmo si incontrano, non possono che dar vita ad una chiacchierata tutta incentrata sul “nuovo” (che a seconda di come lo guardi può anche non essere considerato tale). Questa potrebbe essere la sintesi dell’incontro di Tangomagazine con il nuovo (anzi il nuevo) tango di Pablo Villaraza e Dana Frigoli.

Cominciamo dal principio: da quanto tempo lavorate insieme?

Pablo: Lavoriamo insieme da sei anni e mezzo.Nel dicembre del 2002 siamo venuti per la prima volta in Italia.All’inizio ci chiamavano più che altro in Asia, poi siamo venuti in Europa portando la tecnica che abbiamo sviluppato durante gli ultimi cinque anni.

In che cosa consiste la vostra ricerca, la tecnica che avete elaborato? È tango nuevo?

P: Non so se è tango nuevo, abbiamo preso il “vocabolario tanghero tradizionale” trasformandolo, senza perderne l’essenza che per noi è fondamentale. Abbiamo lavorato molto sulla nostra coppia nel tango, cercando di consolidarla. Un lavoro complesso perché significa condividere dubbi e risultati nel bene e nel male. Dal punto di vista della tecnica ricerchiamo un tango più comodo, più confortevole, non voglio dire “nuevo” perché è una parola che non ci entusiasma molto, piuttosto il nostro è un tango giovane, per il tipo di ricerca non per l’età.

Allora che cos’è il tango nuevo?

P: Penso che si debba intendere come un nuovo modo di concepire il tango: cambia l’obbiettivo della ricerca. Prima era focalizzata sull’uomo, tutto si basava sulla sua comodità. Oggi il tango nuevo si basa sulla comodità della donna, se la donna è scomoda l’uomo comincia a preoccuparsi un po di più di lei e questo è un cambiamento nel tango. Nella forma classica del tango, la donna appariva ma, il centro dell’attenzione era l’uomo, oggi è ancora l’uomo ma, attraverso la donna.

Dana: esatto! L’uomo attraverso la donna. Questa è la definizione perfetta, l’uomo diventa protagonista facendo sentir comoda e facendo risaltare la propria donna.

P: È un concetto complesso, soprattutto per noi uomini latini, perché veniamo da una generazione che aveva una concezione “machista” del tango. Per questo anche a me costa fatica, come a tutti credo; forse in Germania, dove già da molti anni è cambiato il rapporto uomo-donna, è più facile. In Italia però penso che sia ugualmente difficile.

Come mai allora gli uomini sembra abbiano tanta in difficoltà quando si tratta di abbracciare la donna nel tango? Come mai la maggior parte dei giovani sembra prediligere il tango nuevo prorio perché meno basato sull’abbraccio e più sul virtuosismo tecnico e musicale?
Dov’è finito il macho?

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5 commenti:

  1. Grazie Sergio per questa intervista
    , se il tango nuevo è rappresentato con dame vestite cosi come rappresentato in foto.. mi converto subito in Nuevo Tanghero :) cmq. scherzi a parte. in merito alle domande che hai messo in calce all'articolo, per la mia breve esperienza tanghera io nn credo di avere difficoltà nell'abbracciare anche una dama sconosciuta, anzi trovo l'abbraccio il punto forte del tango, quello che ti trasmette veramente il pathos e la sensibilità del partner... quindi nel mio piccolo, ad oggi voto per il tango classico, "da machi" va :)

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  2. La foto di Pablo e Dana si commenta da se... quello è il nuovo che avanza... meno male che esistono ancora tanti giovani (soprattutto in Argentina) che sono in prima linea di resistenza. Non è vero che il tango classico è "machista" o è focalizzato sull'uomo... la scomodità della postura classica è sia per l'uomo che per la donna... l'uomo ballava nel pavè e i tacchi si infilavano tra le mattonelle... le donne avevano gonne larghissime ed erano costrette ad inclinare l'asse... è una postura stilistico-ambientale. Adesso vogliamo stare comodi...e va bene. Ma il grande Gavito (scusate se parlo fin troppo di lui), tanti anni or sono sosteneva che "l'uomo è la colonna e la donna, la bellezza e la decorazione della colonna"... ed era uno dei vecchi. Ditelo a Pablo e Dana.

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  3. Ciao ragazzi, è sempre stimolante leggere questo blog, perchè offre diversi spunti per la riflessione.
    Io credo che l'evoluzione del tango verso il "tango nuevo", o come volete chiamarlo, sia inevitabile e, sebbene sia fondamentale rifarsi ai grandi che hanno il reso il tango nel mondo quello che è oggi, non dobbiamo più limitarci a fare confronti con il tango di Buenos Aires, perchè ormai il tango è a Tokio, New York, Parigi, Roma, Catania...voglio dire, accoglie nuovi stimoli che lo trasformano, lo plasmano e lo conducono verso indispensabili evoluzioni.
    Questa che fino a qualche decennio fa era l'espressione di un'interiorità, di una passione latente dell'essere umano, di una sensualità forse inespressa nella vita quotidiana, oggi sta diventando a mio parere sempre più un'arte rappresentativa. Si sta evolvendo verso quella forma d'arte che genericamente possiamo chiamare danza.
    In quanto tale la danza è rappresentazione, disegna col corpo emozioni, concetti, storie.
    E a questo fine l'abbraccio può allentarsi per consentire ai due tangheri di "rappresentare" e giocare coi loro corpi, non più, o meglio, non solo per vivere quel pathos caliente soltanto all'interno della coppia, ma per trasmetterlo a un anonimo pubblico sotto forma di spettacolo, di performance.
    Io non credo che sia una questione di "comodità" quanto più di libertà di movimento: la coppia stringe e scioglie l'abbraccio per meglio diventare materia viva per la rappresentazione; resta più perpendicolare sull'asse per rendere le figure più fluide e veloci. Anche il fatto che il fulcro dell'attenzione si sta spostando sulla donna avvicina il tango alla danza, in cui l'uomo è il "porteur", colui che porta la donna, che la offre al suo pubblico come realizzazione ultima del proprio talento. La donna nell'arte è stata sempre protagonista, ma protagonista grazie alle mani dell'uomo che l'hanno resa "divina".
    Non credo nemmeno che oggi possa ancora stare in piedi una teoria "machista" del tango, proprio perchè il rapporto tra l'uomo e la donna si è evoluto troppo per poter ricadere in questi schemi lisi e obsoleti. E non credo affatto che per noi "latini" sia più difficile recepire questo cambiamento. E' vero il contrario! Perchè la rappresentazione artististica, la "cavalleria", la "cortesia" intesa come attenzione, rispetto per la donna, sono presenti nel DNA degli uomini italiani, che per secoli hanno reso l'arte esaltazione viva dell'essenza femminile.
    E non è nemmeno vero che gli uomini abbiano problemi di abbraccio, almeno non quelli con cui ho ballato io...;-)
    Il macho non è mica quello che strizza la donna, l'avvinghia come un rampicante, no... Vi prego, uomini, sfatiamo questo mito!
    Noi donne di questi presunti "machi" non sappiamo che farcene!

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  4. Lucide affermazioni Scarlett... condivido le tue parole anche senza prendervi parte in senso attivo. E' vero, il tango evolve in una forma artistica vicina alla danza. E Buenos Aires rimane la fonte storica che probabilmente propaga altrove i suoi margini. Sai qual'è l'unico dilemma? Per chi come me, ama il tango soprattutto in senso "storico" e musicale e si sofferma spesso sui testi delle vecchie cancion il tango non è solo un ballo... E' musica, è poesia, è la colonna sonora di un epoca e di un popolo e delle turbolente vicende storiche di questo popolo... si parla con toni decadenti di amori perduti, ricordi d'infanzia (frequentissima l'eredità meridionale del ricordo della madre), vecchi quartieri (i Barrios)com'erano prima che il progresso li cambiasse (o frequenti anche i testi degli anni '30 o '40 in cui si parla di una vicenda di vent'anni prima!)... insomma, molto si riassume in un aspetto nostalgico e nell'oblìo del ricordo. Qualcuno si chiederà: ma può il tango essere sempre rivolto al passato, alle tradizioni, rimanere conservatore e non prendere atto che la civiltà evolve, si sviluppa, plasma il suo stile in base al contesto storico e sociale?
    Ovviamente no. Quello che io amo, riconosco, è solo "una parte" del tango. E, parlando di tango come ballo, così come certi stili (vedi il Canyengue o l'Orillero) sono rimasti pezzi di storia che non si ballano più, anche il salòn o il milonguero probabilmente, tra vent'anni, rimarranno un tassello della scala evolutiva del tango. Quello che mi preoccupa è che, in una civiltà che ama sempre di più apparire e resta incantata a guardare i più belli o i più bravi, il gusto popolare del "fare" venga a sparire per cedere il passo ad un imitazione priva di passione, di senso furtivo, di spavalderìa, di nostalgia, di sovrarazionalità, di improvvisazione... priva di quegli elementi, in buona sostanza, che hanno creato il tango.

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  5. Non capisco perchè cambiando lo stile dovrebbero cambiare le emozioni e le intenzioni che attraverso di questo si trasmettono.
    Io credo che quando qualcuno decide di mettersi in gioco imparando un'arte come il tango lo faccia perchè ha qualcosa da tirar fuori, da esprimere, indipendentemente dal fatto che possa apprezzare una bella esibizione o che possa guardare ai "migliori" come fonte d'ispirazione per un continuo migliorarsi, un continuo "fare" come dici tu, per accrescere la propria tecnica o per imparare nuovi stili.
    Sono la prima ad essere convinta che tecnica e stile non facciano il ballo, ma credo che questi siano strumenti fondamentali affinchè un buon ballerino riesca ad esprimere il turbinìo di passioni, nostalgia, creatività ed ironia che fanno il tango.
    Secondo me è sbagliato temere che il nuovo possa cancellare il vecchio, perchè è figlio proprio di quel vecchio ed è lì che affonda le sue radici, che trova la sua ispirazione. Ma l'ispirazione si sa...non può essere limitata e si esprime nelle più svariate forme.
    E poi, cavolo, ho visto la gente delle milonghe: ognuno col suo stile, coi suoi limiti, con le sue sfide da vincere, con le sue nostalgie, le sue passioni...non credo che sia gente spinta solo dall'apparire. Per carità, magari ci sono anche quelli, ma questo non è legato al tango in se, quanto al fatto che in tutti gli ambienti ci sono persone interessate più all'apparire che all'essere.
    Io ho sempre vissuto il tango non tanto come un'evocazione di un epoca storica andata, ma come un richiamo senza tempo all'anima dell'uomo, un fiato nostalgico che alimenta passioni sopite, mai morte, e ci aiuta ad esprimerle attraverso i nostri corpi allacciati.
    Bel confronto Aliento Milonguero, grazie.

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