A mezzanotte va...
Storia e mito del ballo più seducente di tutti i tempi
di Giulia Caruso
Gauchos e guapos. Operai e giocatori d’azzardo. Prostitute, fuorilegge e tutta la varia umanità che approdava in quella babele di etnie che era Buenos Aires alla fine dell’Ottocento. Un’umanità fervida e dolente, triste e allegra, che nelle sale dei caffè e nei bordelli creava una nuova danza dal nome ammaliante, ricca di vibranti emozioni. Un intreccio di passi, prima senza legge, poi codificati dal tempo e dall’abilità di generazioni di ballerini.
Frutto meticcio delle culture musicali confluite nel bacino del Rio della Plata, il tango ebbe radici a Buenos Aires. Negli arrabales, i quartieri più umili, qualcuno cominciò a ballare un nuovo ballo, molto ritmato. Lo chiamavano milonga, era un ballo di coppia, uno di fronte all’altro, separati. Una specie di camminatain cui uno avanzava e l’altro indietreggiava. La milonga ebbe un ruolo fondamentale nella nascita del tango, ma si sviluppò parallelamente come genere indipendente. Rare erano le donne nei caffè dell’epoca, per cui il tango primitivo si ballava tra uomini, i compadritos, che danzavano uno di fronte all’altro fissandosi con espressione torva.
Saranno soprattutto le ragazze dei bordelli a ballare per prime il tango. Nascono miti metropolitani come quello della Rubia Mireya, nome di battaglia di Margherita Gardier, bionda e bellissima tanguera dell’Almagro, forse mai realmente esistita. Aprono le milongas, le prime sale da ballo. Già da allora il tango era accompagnato dalle chitarre e soprattutto dalbandoneón, diretta derivazione di un organetto inventato in Germania, dove non ebbe molta fortuna. Grazie al genio di numerosi interpreti, da strumento per semplici arie e accompagnamenti il bandoneón divenne uno straordinario mezzo espressivo.
Nei primi decenni del ‘900 il tango ha il volto e la voce di El Morocho del Abasto, Carlos Gardel. Un mito fin da quando incise la sua prima canzone, “Noche Triste”, 100 mila copie vendute nel 1917, e l’acclamazione come "el rey del tango" sia nei paesi latini che in Europa. Gardel muore in un incidente aereo nel 1935 a soli 44 anni. Nel frattempo il tango dilaga.
A Hollywood buca lo schermo, consacrandosi alla storia del cinema con Rodolfo Valentino. In Italia anatemi e scomuniche da parte della Chiesa non ne fermano l’avanzata. L’abbraccio dei ballerini, peccaminoso per la mentalità dell’epoca, è oggetto di studio per molti teorici della danza. Carlos Vega, uno dei più grandi studiosi di tango, lo lega ad un problema pratico, dovuto alle sale affollate. I ballerini non avevano alternativa, o si camminavano sui piedi o si abbracciavano!
Tra i musicisti che contribuirono alla leggenda popolare del tango, Osvaldo Pugliese occupa un posto di primissimo piano. Nato nel 1905, iniziò la sua carriera di pianista negli anni ‘20. Fondò la sua prima orchestra nel ‘39 e nel 1943 cominciò a incidere dischi diventando negli anni ambasciatore del tango a livello mondiale. I suoi tanghi, dalle sonorità uniche, grazie al prezioso contributo del bandoneón di Osvaldo Ruggero sono tra i più ballati dai tangueros di tutto il mondo.
Per la maggior parte degli europei la gloria del tango ha il nome di Astor Piazzolla, un vero innovatore del genere. In Italia il nome di Piazzolla approda nei primi anni ‘70, complice un’apparizione televisiva legata a “Balada para mi muerte”, interpretata magistralmente da Mina.
Nel 1946 Piazzolla forma la sua prima orchestra; nello stesso periodo si dedica alla musica sinfonica componendo per grande orchestra, sempre più convinto che il tango sia una musica da ascoltare e non da ballare. Ma grazie all’incontro con il “tango canzone”, genere più popolare, ottiene l’attenzione del grande pubblico. Sono infatti brani come “Tangazo” che gli assicurano il successo anche negli Usa.
Nel 1969 “Balada para un loco” batte tutti i record di vendita in Argentina. Tutti sono ormai concordi nel riconoscere in Piazzolla la più autentica espressione della musica di Buenos Aires. Nella sua vasta produzione il grande musicista annovera anche colonne sonore di film come “Enrico IV” di Bellocchio e “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi. Anche Salvatores ha voluto nella colonna sonora di “Denti” (2000) “El Penultimo”, uno dei brani più belli di Piazzolla.
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