venerdì, febbraio 06, 2009

Il Tango Ritrovato di Haim Burstin

Il tango ritrovato di Haim Burstin , Donzelli editore, collana Virgola, 2008.

Un diario di viaggio nel tango di oggi

Non l'ennesima storia del tango, non un manuale, non un racconto, né un'autobiografia. In queste pagine il lettore troverà piuttosto una sorta di reportage, un percorso nel vissuto attuale del tango argentino, a partire dal nuovo grande successo che sta conoscendo in tutto il mondo. Ad animare questo itinerario è l'esperienza più che ventennale dell'autore, fatta di viaggi, di letture e di un'intensa frequentazione del tango nei differenti ambienti in cui esso vive. [...] L'autore intende smontare i più tenaci luoghi comuni associati al tango nell'immaginario collettivo e analizzare i comportamenti, gli atteggiamenti, ma anche le pose di chi pratica questa danza e ne condivide, nei più diversi paesi, abitudini e valori.

All'estero (inteso al di fuori dell'Argentina) questo complicato groviglio tra realtà e tradizione non esiste: il tango è in un certo senso metastorico, privo di implicazioni con il vissuto, in qualche modo fuori dal tempo e dallo spazio. Provate a chiedere sistematicamente alle coppie che vedete ballare in Europa, specie ai più giovani, che cosa evoca in loro il tango e che cosa li ha spinti a ballarlo. Nella maggior parte dei casi scoprirete che è la casualità ad averli portati in questa direzione: una voce circolata tra amici, un sentito dire, un contatto occasionale, un desiderio di socializzare, il bisogno di una meta serale, il desiderio di più facili incontri. Non di rado molti di costoro non avevano quasi mai ascoltato un solo tango prima che una di queste fortuite circostanze si producesse o ne avevano, a dire tanto, una immagine vaga ed approssimativa. Se il caso avesse agito diversamente avrebbero potuto con lo stesso numero di probabilità schivare il tango e finire magari a ballare ritmi caraibici, intraprendere yoga o il tai-chi. Nessuna forma di radicamento nella tradizione, nessun riflesso di una memoria storica li ha portati 'naturalmente' verso questa direzione. In linea di massima il tango è per i giovani europei quasi completamente decontestualizzato: pochi sono coloro che collocano la genealogia della loro passione in un contesto storico, geografico o anche semplicemente culturale.

15 commenti:

  1. è da un po' di tempo che, chiacchierando con gli amici tangheri più intimi, mi si è delineata sempre più l'idea che è perfettamente riassunta nelle parole evidenziate in grassetto nel post che ho appena scritto. Vedo tante 'monadi' che si aggirano per le milonghe, 'monadi' che per colmare il vuoto e la solitudine si aggirano in branco perché il branco dà forza e coraggio, 'monadi' che estrapolate da questo contesto hanno poco da dire o poco da fare, perché questo tango li ha prosciugati da qualsiasi altro interessere o forse perché altri interessi, in verità, non ne hanno mai avuti... 'Monadi' che hanno in milonga una forte carica di 'esibizionismo' e 'manie di protagonismo' condite con non poca autoreferenzialità e che molto probabilmente, al di fuori di essa, sono uomini e donne piuttosto anonimi... Uomini e donne che sanno poco cosa sia il tango dal punto di vista antropologico e di quale sia la sua valenza storica...Ma l'importante per loro è ballarlo... e ballare Piazzolla, non soffermandosi a pensare che per motivazioni profonde il suo tango è da ascolto, e ballare Gardel, non sapendo del perenne lutto che gli argentini hanno tributato in suo onore...
    Infatti mi chiedo, se veramente è il tango nella sua forma più alta a spingere i tangheri nell'andare in milonga, perché vedo una tale moria di partecipanti in alcune serate veramente deliziose (a mio modestissimo parere)che hanno dovuto chiudere i battenti? E' ovvio che le motivazioni a questo punto sono extra-tango... e io ne scorgo una in particolare... abbracciare una donna o un uomo con recondite speranze di altra natura...

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  2. Mia Cara Doni, sagge parole!!!! In questo periodo non sono molto attiva e nell'ulimo periodo ho selezionato al massimo le milonghe ed i ballerini per un mio bisogno di isolamento....mi trovo forse in quel particolare periodo dove dopo tanta abbuffata di tango (soprattutto il primo anno e mezzo)adesso diciamo che mi sono messa a regime "alimentare" poco e sano...mi sono sempre chiesta quanti dei tangheri sono veramente innamorati del "tango"...mah, sono convinta come te che la maggior parte venga per motivazioni extra-tango. Un besos a todos

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  3. Sono curioso di leggere il libro in oggetto. Non mi sento di aggiungere nulla. Già il prologo dovrebbe far parte di un ipotetico vangelo del tango.

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  4. La tematica affrontata dal libro è di certo molto interessante per inquadrare l'approccio socio-culturale degli Europei al Tango.

    Anche io, come Demetra, oggi seleziono moltissimo le serate a cui prendere parte, essendo interessata al buon ascolto e al buon tango in milonga, più che ad incrementare il numero di conoscenti ottenuti attraverso la frequentazione dell'ambiente.
    Francamente sono sempre andata alle serate PER BALLARE (e diverse volte mi sono sentita dare dell'asociale per questo motivo), ma ovviamente ognuno di noi cerca cose diverse nell'esperienza "tango".
    Non credo sia nemmeno il caso di recriminare o muovere critiche nei confronti di chi in fondo ricerca l'aspetto più sociale di questo ballo che, per sua stessa natura, è connotato da un forte orientamento alla socialità.

    Mi piacerebbe però che si diffondesse la "cultura" del tango, che oggi è patrimonio solo di minoranze di partecipanti alle affollate milonghe nazionali, che mossi soltanto da interesse personale approfondiscono la conoscenza di questo genere musicale leggendo e scambiando pareri. Sarebbe bello se questo impulso all'approfondimento fosse promosso da chi organizza serate e corsi di ballo.

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  5. ho dato in prestito il mio 'nick' ad una cara amica che voleva esprimere il suo pensiero...


    Carmen (appassiona tanghera " in age"):
    Non so in Europa , ma in Italia credo che sia molto diffuso il fenomeno descritto dal libro e da te commentato.La mia pluriennale esperienza Argentina non mi fa escludere che non esista anche laggiù il fenomeno, ma non è prevalente. Non vi è stata mai una serata ,in Buenos Aires,che sia rientrata a casa con la frustrazione di aver ballato poco, perchè a me , donna matura si potesse preferire una più giovane e bella. E' la sensazione che purtroppo spesso mi capita A Catania. Ma i veri appassionati del tango, e "spassionati" (dell'extra-tango) per fortuna esistono anche qui ; a loro mi rivolgo per non fare perdere le tracce del sentimento "antico",quasi arcaico e magico del TANGO.

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  6. Quanto sostiene Carmen si riassume nella mancanza di sentimento popolare. Alla nostra cultura e alla nostra storia non appartiene il Tango ma un suo surrogato. A prescindere quali milongas si possano preferire. La globalizzazione è una cosa meravigliosa ma snatura ogni cultura originale in una contaminazione... purtroppo non potrebbe essere altrimenti. Alla fine, meglio di niente no?

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  7. Il testo in questione lo trovo abbastanza interessante, appena posso andrò in libreria sperando di trovarlo, il fatto che l'ambiente del tango argentino è ricco di luoghi comuni e che spesso (anzi sempre) viene associato aimè ad aspetti coreografico pubblicitari è un dato di fatto e su questo nn ci si può fare assolutamente nulla. E mi pare pure giusto, ragazzi siamo in EUROPA distanti dalla cultura argentina e da quella del sud-america malgrado la storia ci insegna quanto gli italiani sono stati e sono presenti in quel continente oltreoceano.
    C'e' poco da riflettere il tango argentino è quello legato al paese in cui è nato, mi chiedo il perchè dobbiamo necessariamente plasmare questa concezione popolare/storica in un continente che con i mezzi mediatici ci trasmette il TANGO con le pubblicità dei detersivi per le lavastoviglie oppure le pose SEXY coreografate da pseudo artisti/insegnanti che spacciano il tango in programmi televisivi visti da tutta italia e oltre? Non abbiamo bisogne ne di fare retorica e ne di scoprire l'acqua calda.
    Ognuno di noi lo vive in base alle proprie esigenze, come detto da altri c'e' chi il tango e l'ambiente del tango lo vive come socializzazione (tango o extratango abbordaggi, spakk.menti ed esibizioni) c'e' chi invece chi ha voluto approfondire magari leggendo qualche testo storico oppure ascoltando in maniera critica i brani percependo i significati melodico/testuali che il tango ha trasmesso durante il secolo scorso.
    Ora sfido tutti voi a dirmi se c'e' qualcuno tra i lettori che si è approcciato per la prima volta a tango.. per un motivo storico/culturale e non invece per semplice curiosità procurata da amici in comune o da qualche pubblicità che trasmetteva LIBERTANGO o qualche altro brano vicino. Cosa c'e' di male ? nn siamo in argentina nn c'e' la cultura nn abbiamo avi che ci hanno impartito le leggi o le regole/tradizioni del tango.. siamo qui a migliaia di KM di distanza e lo viviamo come ci viene proposto, ben vengano le iniziative che ci fanno approfondire tutto quello che sta dietro il tango... storia, orchestre, compositori,eventi storici.. ma ripeto per chi è interessato. Ma accettiamo pure chi va a ballare e nn si accorge neppure che ha iniziato a ballare 3 secondi prima che il brano stesse per finire :D e di queste scene ne vedo parecchie, anche da chi balla da ANNI in serate VIP e non, quindi nn basta l'esperienza non basta l'importanza delle sertate o la selezione umana soggettiva, ma quello che ognuno di noi vuole percepire , approfondire e soprattutto CONDIVIDERE(cosa rara) durante il ballo.
    Anche se ancora non ho provveduto all'acquisto del libro, consiglio a tutti di farlo. Specie a chi restringe la visione socio/culturale.
    Io vado a ballare per emozionarmi nel mio piccolo, e anche per incontrare gli amici

    Buon ascolto di tango
    Giannicola ;)

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  8. in un commento precedente si è parlato di ballo sociale e del forte orientamento alla socialità...
    vorrei sottolineare quanto il termine ballo sociale, che per me si identifica con il cosiddetto sentimento popolare argentino, non abbia nulla a che fare con l'orientamento alla socialità né tanto meno con la socializzazione.
    Riporto un abstract del libro che delucida sulla questione...

    In una milonga di norma nessuno vi chiederà chi siete, che mestiere fate, quale è il vostro stato civile, quanto guadagnate, a quanto ammonta il vostro conto in banca, che studi avete fatto e che vita conducete. Qui tutto ciò che conta non è quel che siete, ma come ballate. Non può sfuggire il carattere liberatorio di questa condizione in una società in cui si viene abitualmente valutati in base al proprio peso economico, sociale e culturale. Teoricamente ci si può incontrare per anni, per anni si può ballare insieme senza neanche rivolgersi la parola; parlarsi non è richiesto: nella milonga, almeno secondo la tradizione, si comunica con gli sguardi e con i corpi. E’ un codice un po’ austero che tende col tempo e con la consuetudine a diluirsi e addomesticarsi, ma che per l’essenziale resiste. E’ evidente il fascino che una relazione di questo tipo comporta, specie in un’epoca in cui si vive bombardati dai mezzi di comunicazione, in cui un’autentica inflazione della parola tende a svuotare la parola stessa di significato. In un mondo in cui, estenuati e saturi dall’ipertrofia mediatica, abbiamo perso molto del fascino dell’implicito, non è difficile capire come possa essere rigenerante ritrovare il silenzio, il gusto dell’ascolto della musica in sintonia, il piacere di comunicare con lo sguardo e con i corpi. Al posto di conoscenze e frequentazioni magari sciatte, ripetitive e formali, possiamo apprezzare anche il piacere di riconoscerci senza il bisogno di entrare in particolare confidenza oppure di mettere in comune con gli altri solo una passione silenziosamente condivisa.

    che poi qui o in qualsiasi altra parte del pianeta, l'approccio al tango venga vissuto anche in maniera diversa, da quanto sopra descritto, è evidente...

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  9. Non so se possa darti un briciolo di speranza e consolazione, ma io vivo il tango esattamente così. Questo ovviamente non significa non scambiare quattro chiacchiere coi conoscenti in milonga o essere asociali e rinchiudersi nel silenzio per tutto il tempo. Per me significa dare priorità alle sensazioni che mi trasmette la musica e l'abbraccio. Anche questo è socializzazione.
    Detesto parlare della mia vita privata durante le serate. Credo che per far questo ci siano luoghi più adatti di una milonga.

    Però non sarei così drastica nei confronti di chi vive questa esperienza diversamente.
    Secondo me la parola chiave di quanto hai riportato del libro, e che spiega davvero tutto, è il termine "metastorico" riferito al tango di noi Europei: "All'estero (inteso al di fuori dell'Argentina) questo complicato groviglio tra realtà e tradizione non esiste: il tango è in un certo senso metastorico, privo di implicazioni con il vissuto, in qualche modo fuori dal tempo e dallo spazio."
    In fondo per noi il tango è un prodotto d'importazione e non dobbiamo certo farci carico di colpe per il fatto che non riusciamo a percepire tutto il significato storico-culturale di questo genere musicale, dato che non abbiamo vissuto la sua evoluzione e che la sua storia non è nelle nostre radici.

    Certo però che, se penso alla maggior parte delle nostre milonghe, non mi viene più d'essere così tollerante, visto il malcostume che vi è diffuso...

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  10. Per Giannicola: io ho iniziato a fare tango perchè avevo voglia di ballarlo e ci sono andata da sola e senza altro tipo d'aspettativa.

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  11. Ciao sono Gianluca, ho letto un po' di commenti legati al libro che segnalate e che cercherò in libreria e mi è molto piaciuto quello di DOnatella sulle monadi in milonga e su Piazzolla... ne approfitto per dirvi che ho scritto un libro, si chiama proprio "Tangueria", pubblicato dai tipi di A&B Editrice (www.aebeditrice.com), una piccola casa editrice di Acireale. Credo che il post di Donatella sia abbastanza in linea con quello che racconto, con un po' di irriverenza verso l'ambiente del tango, nel mio libro.

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  12. Ciao Gianluca, ho sentito molto parlare del tuo libro e credo che lo acquisterò. So che mi farà molto sorridere...
    :-)

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  13. Credo che quanto quanto espresso nel brano riportato sia sensibilmente e profondamente diverso dal contenuto del commento che accompagna la presentazione del libro.
    La comunicazione, in milonga, avviene su un piano assolutamente diverso da quello verbale, questo aiuta ad eliminare le barriere sociali, culturali, economiche, e fin anche, quelle anagrafiche.
    Si và oltre oltre l'apparire per sconfinare nel "sentire".
    Il linguaggio verbale possiamo manipolarlo con una certa facilità, quello del corpo molto meno ed è, quindi, più "vero"
    Tutto questo non ha nulla a che fare (almeno a mio avviso)con branchi,piccolezze, meschinità e travisamenti altrui (naturalmente).
    Le griglie precostituite, gli schemi rigidi, gli assolutismi e gli stereotipi (Piazzolla non è ballabile)mi fanno molta paura,
    Sono nemici della libertà (soprattutto quella della mente) e dell'arte,
    rendono ciechi e sordi...
    Ma se siamo sordi come possiamo ballare?

    P.S sono andata a capo dopo le virgole, lo so, l'ho fatto intenzionalmente

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  14. Grande Haim ... il libro è fantastico ... null'altro da dire.
    ciao
    Mauro

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  15. Pessimo libro.
    Togliendo tutte le istanze dell'aggettivo 'certo', il volume si ridurrebbe del 10%: ogni affermazione dell'autore viene prontamente ritratta poche righe dopo, con l'effetto che il contenuto efficace di informazioni è pressoché nullo.
    Non sono riuscito ad arrivare oltre la metà e mi pento di aver buttato ben 17€ nella vacuità totale di questo libro.

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