Tan & Go, tra pausa e movimento..
Tan & Go si conoscono da sempre. Hanno respirato insieme sin dal primo giorno l’aria corposa ed equivoca delle milonghe, e non concepiscono la dimensione singola.
Oltre i confini ristretti della loro relazione, per loro, c’è il baratro del nulla, ma di ciò non hanno il minimo sentore.
Si amano, di solito, di uno strano amore complice e appena viziato, e trovano sempre una intesa, per comune necessità del vivere o per ragionevolezza; e accade pure, a volte, che oscure forze centrifughe li portino su sofferte posizioni di ostilità, senza che mai vacilli però la certezza del loro simbiotico legame.
Tan è lenta flemmatica lunatica distratta, o tale appare. Sogna molto e intensamente, e lo fa ad occhi chiusi, spesso, fiduciosa com’è nella diligente e responsabile conduzione di Go.
Tan è affetta da resistenza passiva, qualità discorde da altre che le sono proprie. Tan infatti è molto vitale. Gode, si direbbe, di una formidabile integrità neurovegetativa che la rende tonica e fresca, capace di rapide riprese anche a seguito di forti e protratti logorii. Metafora calzante è una sorgente d’acqua capace di zampillare sempre fresca e cristallina a dispetto di qualsiasi offesa inquinante. Dalla sua ha una serie di sacrifici lunga migliaia di millenni e grande milioni o miliardi di unità, e forse più.
Lei ama essere sentire sostare e lasciarsi trasportare. E quando è in movimento prefigura fermate ulteriori, giacché ama, e non poco, corredare di ricami voluttuosi le soste, prevedibili o fortuite che siano.
Go è irrequieto dinamico muscolare. Traccia linee di movimento, le segue e prima che si esauriscano ne traccia altre e le persegue ancora, come un segugio infaticabile. Brucia energie adeguate al bisogno e quando nella foga calorica gli sovrabbondano ne dispensa, non richieste, a Tan che, paziente comprensiva e a volte grata, accetta contiene e smaltisce.
Go considera Tan statica. Con genuina credulità attribuisce alla sua indole femminea quella sorta di modulata riluttanza al movimento; crede sia il riflesso in campo motorio di quella qualità tutta femminea che fonda la propria azione sulla risposta, ispirata e pregiudizialmente resistente, alla azione maschile; giacchè l’interesse maschile può essere mosso da desiderio frugale, assecondare il quale porta a pericolose precarietà, inaccettabili per progetti di medio-lungo corso, depositaria com’è del destino della discendenza.
Go sente la condanna alla iniziativa, l’esposizione al rischio del rifiuto, la responsabilità di governare al meglio l’azione comune, l’immanenza ineludibile del timbro competitivo delle prestazioni e il logorio conseguente; considera questa una sfida inevitabile e pensa che il tutto vada assunto in blocco, tal quale, comodo e scomodo, facile e difficile, successo e sconfitta, accoglimento e rifiuto, dolce e amaro, gioia e dolore,.. come nella vita, se si vuol vivere.
Della disposizione opposta e complementare di Tan, Go ama la diversità, l’aspirazione ad occupare spazi cui lui non aspira.. (propensione che gli sembra tanto cortese, se osservata con attenzione lieve..); ed ama pure quella sua attitudine appena percettibile alla inerzia, di solito molto ben dosata, che gli appare sì foriera di faticosi intralci, ma che si rivela funzionale e risolutiva nella complessa questione del governo delle faccende comuni, giacché dirime i conflitti di attribuzione delle decisioni e delle esecuzioni, e rende possibile cooperare per il comune scopo; come quando un mezzo a rimorchio attivando un lieve contrasto al moto, consente alla fune di traino di permanere sempre ben tesa, scongiurando così dannosi strattoni e rincalzi da panico.
Tan ama la pausa. Nella pausa il tempo tra un battito e l’altro, che per nota peculiarità del loro genere espressivo è già parecchio ampio, pare si dilati ulteriormente, come in un abisso. La melodia vi sprofonda e vi si diffrange in mille e più echi, che non di rado si irradiano oltre i confini dell’anima e irrompono vibrando nel corpo in equilibrio.
Nella pausa si addensano premesse intense, si accumulano tensioni a stento sostenibili.
Nella pausa anche il respiro rivela insidie : espande e implode i toraci, e fortuna vuole che forze sparse lungo i corpi si prodighino a compensare lo scompenso.
Go ama la pausa, anch’egli; ma sa che non è quello l’ambito che valorizza appieno la sua specifica natura. La sua natura si esprime nel movimento e nell’azione, nella regia delle loro evoluzioni per i meandri cangianti della pista trafficata, nel disimpegno dai tanti corpi estranei in movimento che pongono reiterati rischi di collisione, nelle schermaglie ammiccanti del semiserio gioco a due.
Go pertanto insiste nella pausa e partecipa di quel sensoriale tumulto sotterraneo ch'essa induce, ma non può concedersi ad un abbandono protratto, giacchè sente la necessità poco rinviabile di dare corso all’azione, e di dare così senso pieno alla sua natura e ragion d’essere alla sua presenza.
Tan & Go hanno indole opposta e complementare, in un punto solo intersecanti :
nell’attimo in cui una pausa sta per finire e un movimento sta per iniziare.
Proprio lì, in quel primo accenno di abbandono della pausa - atto impavido che osa disfare un equilibrio per conquistarne uno nuovo - Tan & Go sospendono la loro diversità e sono unicamente Tango; lì, in quel confine quasi irreale dove collidono desiderio e appagamento, in quella dimensione appena percettibile, in quello spazio irrilevante ove si insiste un tempo pressochè nullo.
Sono Tango in quel preciso limite, che per tanta fuggevole e sublime inconsistenza si fa travalicare molte, infinite volte..
Oltre i confini ristretti della loro relazione, per loro, c’è il baratro del nulla, ma di ciò non hanno il minimo sentore.
Si amano, di solito, di uno strano amore complice e appena viziato, e trovano sempre una intesa, per comune necessità del vivere o per ragionevolezza; e accade pure, a volte, che oscure forze centrifughe li portino su sofferte posizioni di ostilità, senza che mai vacilli però la certezza del loro simbiotico legame.
Tan è lenta flemmatica lunatica distratta, o tale appare. Sogna molto e intensamente, e lo fa ad occhi chiusi, spesso, fiduciosa com’è nella diligente e responsabile conduzione di Go.
Tan è affetta da resistenza passiva, qualità discorde da altre che le sono proprie. Tan infatti è molto vitale. Gode, si direbbe, di una formidabile integrità neurovegetativa che la rende tonica e fresca, capace di rapide riprese anche a seguito di forti e protratti logorii. Metafora calzante è una sorgente d’acqua capace di zampillare sempre fresca e cristallina a dispetto di qualsiasi offesa inquinante. Dalla sua ha una serie di sacrifici lunga migliaia di millenni e grande milioni o miliardi di unità, e forse più.
Lei ama essere sentire sostare e lasciarsi trasportare. E quando è in movimento prefigura fermate ulteriori, giacché ama, e non poco, corredare di ricami voluttuosi le soste, prevedibili o fortuite che siano.
Go è irrequieto dinamico muscolare. Traccia linee di movimento, le segue e prima che si esauriscano ne traccia altre e le persegue ancora, come un segugio infaticabile. Brucia energie adeguate al bisogno e quando nella foga calorica gli sovrabbondano ne dispensa, non richieste, a Tan che, paziente comprensiva e a volte grata, accetta contiene e smaltisce.
Go considera Tan statica. Con genuina credulità attribuisce alla sua indole femminea quella sorta di modulata riluttanza al movimento; crede sia il riflesso in campo motorio di quella qualità tutta femminea che fonda la propria azione sulla risposta, ispirata e pregiudizialmente resistente, alla azione maschile; giacchè l’interesse maschile può essere mosso da desiderio frugale, assecondare il quale porta a pericolose precarietà, inaccettabili per progetti di medio-lungo corso, depositaria com’è del destino della discendenza.
Go sente la condanna alla iniziativa, l’esposizione al rischio del rifiuto, la responsabilità di governare al meglio l’azione comune, l’immanenza ineludibile del timbro competitivo delle prestazioni e il logorio conseguente; considera questa una sfida inevitabile e pensa che il tutto vada assunto in blocco, tal quale, comodo e scomodo, facile e difficile, successo e sconfitta, accoglimento e rifiuto, dolce e amaro, gioia e dolore,.. come nella vita, se si vuol vivere.
Della disposizione opposta e complementare di Tan, Go ama la diversità, l’aspirazione ad occupare spazi cui lui non aspira.. (propensione che gli sembra tanto cortese, se osservata con attenzione lieve..); ed ama pure quella sua attitudine appena percettibile alla inerzia, di solito molto ben dosata, che gli appare sì foriera di faticosi intralci, ma che si rivela funzionale e risolutiva nella complessa questione del governo delle faccende comuni, giacché dirime i conflitti di attribuzione delle decisioni e delle esecuzioni, e rende possibile cooperare per il comune scopo; come quando un mezzo a rimorchio attivando un lieve contrasto al moto, consente alla fune di traino di permanere sempre ben tesa, scongiurando così dannosi strattoni e rincalzi da panico.
Tan ama la pausa. Nella pausa il tempo tra un battito e l’altro, che per nota peculiarità del loro genere espressivo è già parecchio ampio, pare si dilati ulteriormente, come in un abisso. La melodia vi sprofonda e vi si diffrange in mille e più echi, che non di rado si irradiano oltre i confini dell’anima e irrompono vibrando nel corpo in equilibrio.
Nella pausa si addensano premesse intense, si accumulano tensioni a stento sostenibili.
Nella pausa anche il respiro rivela insidie : espande e implode i toraci, e fortuna vuole che forze sparse lungo i corpi si prodighino a compensare lo scompenso.
Go ama la pausa, anch’egli; ma sa che non è quello l’ambito che valorizza appieno la sua specifica natura. La sua natura si esprime nel movimento e nell’azione, nella regia delle loro evoluzioni per i meandri cangianti della pista trafficata, nel disimpegno dai tanti corpi estranei in movimento che pongono reiterati rischi di collisione, nelle schermaglie ammiccanti del semiserio gioco a due.
Go pertanto insiste nella pausa e partecipa di quel sensoriale tumulto sotterraneo ch'essa induce, ma non può concedersi ad un abbandono protratto, giacchè sente la necessità poco rinviabile di dare corso all’azione, e di dare così senso pieno alla sua natura e ragion d’essere alla sua presenza.
Tan & Go hanno indole opposta e complementare, in un punto solo intersecanti :
nell’attimo in cui una pausa sta per finire e un movimento sta per iniziare.
Proprio lì, in quel primo accenno di abbandono della pausa - atto impavido che osa disfare un equilibrio per conquistarne uno nuovo - Tan & Go sospendono la loro diversità e sono unicamente Tango; lì, in quel confine quasi irreale dove collidono desiderio e appagamento, in quella dimensione appena percettibile, in quello spazio irrilevante ove si insiste un tempo pressochè nullo.
Sono Tango in quel preciso limite, che per tanta fuggevole e sublime inconsistenza si fa travalicare molte, infinite volte..
Gaetanguzzo querido, come già dissi chez toi... secondo me nel TaoTango yinTan e yangGo si compensano come parti necessarie e opposte di un tutto. Insomma il tango concilia le diversità già nel suo primo medium: la musica. Prosegue questa conciliazione col secondo medium: il corpo che abbraccia. Il resto lo compie l'anima. Almeno dovrebbe.
RispondiElimina:-)
P.S.
Comunque ci sono donne molto Go sempre in fuga ad anticipare o di fretta a finire chissà dove.
Ci sono uomini Tan, pausatissimi, al limite del colpo di sonno, quelli che nemmeno un smitragliata di milonghe li può svegliare. Estremi fra i tanti... Si fa per celia
Che meraviglia Gaetango, questa descrizione mi arriva come un affresco, di cui posso ammirare i colori con cui tu avverti i ruoli base nel tango.
RispondiEliminaCerto di sfumature ce ne sarebbero tante altre da raccontare: Tan e Go sono tango anche in tanti altri istanti secondo me, non solo alla fine di una pausa. Possono esserlo anche durante la pausa o durante il movimento, possono esserlo nel momento dello stringersi nell'abbraccio o nell'indugiare prima del suo scioglimento.
Di sicuro quei momenti sono esattamente come li descrivi, fuggevoli e sublimi.
Farola, Scarlet, le vs considerazioni sul tema mi appaiono del tutto pertinenti, anche quando, ampliando la casistica delle commistioni possibili o reali tra le diversità di genere, di fatto, parrebbero negare le diversità di ruolo. La contraddizione è a parer mio solo apparente : in ognuno di noi sono presenti tutti i generi; si è in prevalenza uomini e in prevalenza donne; si privilegia in prevalenza l’azione ed in prevalenza la pausa.. dentro ogni essere umano c’è la memoria genetica di tutto il genere umano, maschile, femminile, e delle relative sfumature di mediazione; ed è una fortuna che sia così; contrariamente non sarebbe possibile comprendersi, intuire la posizione esistenziale dell’altro ed averne cura e rispetto.
RispondiEliminaNel merito credo che spetti a chi ha la regia del ballo (uomo, di solito.. ma non è detto) tener conto delle propensioni dell’altro a dare ad esse accoglienza e spazio;
infatti chi interpreta il ruolo di condotto nel ballo non ha modo di dare spazio alle proprie propensioni: come potrebbe una donna imporre una pausa all’uomo dal quale è condotta nel ballo?
È una questione di rispetto e quindi di bon-ton dare spazio espressivo e sensoriale all’essere con il quale si condivide una esperienza, a maggior ragione se della esperienza si detiene l’esclusività della conduzione.