Si fa un gran parlare di stili di tango, di maestri di riferimento, di metodi preferiti, di lezioni di perfezionamento, di scelte puriste che abbracciano univoche correnti tanghere.
C’è chi sceglie la corrente nuevista e sperimenta evoluzioni progressiste, apparentemente libere da schemi “preconfezionati”, con l’abbraccio e la mente aperti verso nuove possibilità e nuove ricerche coreografiche.
C’è chi sceglie di non scegliere e si muove tra l’uno e l’altro stile, giocando a cavallo in base all’umore, perchè in fondo ritiene che il tango sia un bel gioco e valga la pena di viverlo in tutte le sue forme.
Tra questi diversi modi di vivere il tango c’è quello del purista fondamentalista, dell’uno o dell’altro stile: il fondamentalista abbraccia lo stile prescelto come se fosse un’ideologia, un dogma da difendere a tutti costi; considera una ragione d’onore il frequentare solo lezioni che aderiscono alla sua “corrente ideologica”; afferma di volersi mantenere puro e non sperimenta altri stili per non “sporcarsi”!
Chi di noi non ha mai sentito un amico o un conoscente di tango etichettare con toni sprezzanti ballerini, anche bravi, solo perchè appartenenti a correnti stilistiche diverse?
Siamo davvero sicuri che questi giudizi e queste scelte siano dettate solo da ragioni di gusto personale? Io ci rifletterei (ma non badate a me, a me piace riflettere su tutto anche sul moto casuale delle onde, che casuale non è)! :-)
E’ così che il milonguero fondamentalista, non preparato alle evoluzioni del tango aperto, definisce i ballerini nuevisti dei “circensi”; è così che il nuevista “estremista” definisce i milongheri “poveracci che sanno solo fare camminate e passo base”.
Ma certo è che entrambi si perdono belle cose dell’uno o dell’altro stile, mentre sprecano il loro tempo a farsi la guerra, invece che a sperimentare il “diverso”.
Il tango è solo un piccolo ambito di applicazione di questi schemi che fanno parte della vita umana, come il nutrirsi e il dormire. Possiamo rassegnarci e accettarli o riconoscerli e prenderne le distanze. La scelta è solo nostra ed arriva, se arriva, in momenti esistenziali diversi per ognuno di noi.
E’ comunque sacrosanto optare per l’uno o per l’altro, ma stimo solo chi lo fa dopo aver sperimentato entrambi e soprattutto chi lo fa senza eleggersi giudice a condanna dell’altro.
E voi cosa ne pensate?